- Scritto da Ignazio Parrino
- Stampa
- Commenta per primo!
-9- L'IMPERATRICE TEOFANO E LE VALUTAZIONI MORALI
Premessa
L’ UMORISMO E LA MORALE
Il bambino che dorme tranquillo tra le braccia della mamma, appena si sveglia sorride felice, e se tutto gli va bene, come sognano per lui i suoi genitori, egli cresce sereno e contento. Per i suoi primi anni egli sta sempre di buonumore convinto della bontà di tutti coloro che lo avvicinano, e così va crescendo, fino a quando comincia a frequentare gli amichetti. Ma allora si manifesta la necessità di precisare la parola umorismo il cui significato si distingue tra quello del buonumore o quello di attriti. Alcune forme di umore non sempre possono chiamarsi buone. E qui cominciano ad entrare in ballo il carattere, l’educazione, la felicità o la tristezza e perfino il pericolo di potere incontrare cose spiacevoli che ovviamente derivano da situazioni non buone. E si può arrivare a comitive di giovani felici e sorridenti impegnati nello studio o nel lavoro o in azioni apprezzabili che lasciano nel fondo dell’animo una forma di grande felicità.
Ma non sempre può essere così, e si comincia a pensare a motivi che possono anche turbare la pace, non senza che talvolta necessariamente si produca una qualche contentezza amara fino alle risate sgangherate e al proverbio che dice: “ride bene chi ride ultimo”.
Purtroppo ora, dopo aver raccontato tante cose belle e gradevoli è pure capitato di incontrare degli argomenti per niente gradevoli che pure bisogna raccontare perché sono esistititi e sempre di simili o anche peggiori ne continuano ad esistere. Ma un certo equilibrio prima o dopo sempre arriva a ricostituirsi. La letteratura russa, nei suoi più illustri modi, parla di guerra e pace, di delitto e castigo ed altri simili argomenti. Essa attualmente è la più potente erede culturale del mondo bizantino e del suo tipo di psicologia e mentalità. Per secoli è riuscita a non farsi travolgere da tutte le strane dottrine inventate dall’Europa nord-occidentale, che sempre si è autoproclamata colta e civile e forte in guerra, fino a riuscire a farsi apprezzare dalle altre parti del mondo meno colte di essa. Ma quando gli Stati che la compongono tentarono a più riprese per secoli di penetrare nell’Europa orientale, in ultimo usando anche la rivoluzione e la violenza, in pochi decenni la civiltà orientale capì che il dono gratuito che aveva ricevuto era avvelenato e in pochi decenni se ne liberò. Anche l’Europa sud-occidentale resistette abbastanza bene a simili tentativi e riuscì in poco tempo a ripresentare il suo tipo di cultura e di religione che mostrò che quello del nord Europa crollò come un castello di carta, e la maggior parte del mondo cominciò a proclamarsi centrista escludendo quasi tutte le millenarie monarchie e le due opposte dittature. Certo questa opera non è ancora completa e rimane da sviluppare correttamente la base morale e culturale di tutti questi movimenti che ne sostenga la durata. Ma circa sessanta anni fa cominciò in occidente un altro modo di presentarsi che va avanzando rapidamente e garbatamente e si spera che arrivi per bene ad allargarsi e consolidarsi secondo la sua ispirazione di fondo che concorda con quella dell’Europa nordorientale.
LA FIGLIA DELL’OSTE DIVENTA IMPERATRICE
La giovane Teofano nel 957 d. C. contrasse matrimonio con l’imperatore di Costantinopoli Romano II, che non credo che fosse una figura molto significativa. Infatti sposando Teofano aveva visto grande bellezza e vivacità e molta furberia, ma non riuscì a capire se avesse nel suo animo altri valori più significativi. Del resto Romano II dopo sei anni nel 963 d. C. morì in giovane età e lasciò oltre alla moglie vedova anche due piccoli figli orfani. La scaltra Teofano che rimase improvvisamente la principale responsabile dell’Impero e del futuro dei suoi due orfanelli se la cavò benissimo perché sposò un generale di gran valore di nome Niceforo Foca, che però nemmeno lui si accorse delle caratteristiche del tipo che stava sposando. Egli era un militare severo, ascetico, grande combattente, ma non fu apprezzato da Teofano, l’imperatrice che sposandolo l’aveva fatto nominare imperatore. Le frequenti guerre che dovette combattere lo tenevano lontano da Costantinopoli e Teofano ne approfittò per trovarsi un amante, anch’egli generale, Giovanni Zimisce, nipote di Niceforo, più giovane di lui e pure ricchissimo. Niceforo lo stesso giorno del suo ritorno a Costantinopoli, dopo una lunga guerra vittoriosa, fu informato della tresca della moglie e stava pensando come risolvere il caso. Ma Teofano lo prevenne forse anche con la complicità dello Zimisce, e la stessa notte del suo arrivo a Costantinopoli lo fece uccidere a tradimento. Questo delitto determinò anche la fine di Teofano. Ci fu subito la reazione del popolo e del patriarca di Costantinopoli, Poliuto; fu sospettato lo stesso Zimisce, fu subito deciso di mandare la Teofano in esilio e il figlio di questa, poi Basilio II, pure lui diventato grande imperatore, dovette sopportare tutto il peso che la madre gli aveva procurato, e approvò l’invio in esilio di essa. Lo Zimisce fece grande penitenza, distribuì tutti i suoi averi ai poveri e fece costruire tanti monasteri. Ma poco dopo la sua elezione ad imperatore morì in giovane età e il figlio di Teofano, Basilio II, fu eletto imperatore e lasciò in esilio sua madre fino alla sua vecchiaia. Egli, oltre che grande guerriero, vide che la fondamentale riforma agraria di Eraclio che aveva assicurato quattro secoli di splendore all’impero, cominciava ad incontrare delle difficoltà, ma egli la sostenne energicamente dandogli nuovo lustro anche grazie ai suoi successi militari. Così si pose rimedio al disastro che aveva creato la sua stessa madre.
Non sempre capita che qualche inizio di decadenza di un impero possa superarsi sulla base dei valori morali che ancora esistevano nella Costantinopoli di quel periodo, dei quali da secoli rimane il ricordo.
Lascia un commento
Assicurati di aver digitato tutte le informazioni richieste, evidenziate da un asterisco (*). Non è consentito codice HTML.